Normative | Massimo Ghiloni, consulente urbanistico

Piano periferie: obiettivi ambiziosi finanziamenti ridotti

Le finalità del nuovo strumento hanno carattere socio-economico in quanto gli interventi sono diretti alla riduzione dei fenomeni di marginalizzazione e di degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia.

Massimo Ghiloni, consulente urbanistico

Massimo Ghiloni | consulente urbanistico

Il Governo prova a rilanciare la riqualificazione urbana mettendo in campo il Piano per le periferie, nato come idea nella legge di stabilità 2015 e che trova ora la sua concreta operatività con la pubblicazione del relativo bando. Le finalità del nuovo strumento hanno carattere socio-economico in quanto gli interventi sono diretti alla riduzione dei fenomeni di marginalizzazione e di degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali ed educativi e alla promozione delle attività culturali, didattiche e sportive.

A fronte di questi rilevanti obiettivi, la dotazione finanziaria per il triennio 2015-2017 è, però, di poco meno di 200 milioni di euro e si rivolge potenzialmente a tutti i comuni che abbiano nel loro territorio la presenza di aree urbane degradate, incentivando l’aggregazione temporanea di comuni confinanti da perfezionarsi prima della presentazione del progetto con l’indicazione del comune capofila. Il finanziamento del singolo progetto non può essere inferiore a 100.000 euro e superiore a 2.000.000 e nel caso di costi superiori il proponente deve documentare le ulteriori fonti di finanziamento.

La dotazione finanziaria potrebbe essere accresciuta dalla capacità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici (nazionali ed europei) e privati, con l’attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati. I progetti dovranno riguardare la riqualificazione di beni pubblici e privati di interesse pubblico, l’adeguamento delle infrastrutture e dei servizi scolastici con lo scopo primario di accogliere persone vittime di violenza, di attivare servizi per le esigenze della famiglia, per la cura dei bambini e degli anziani e di agevolare nuove attività imprenditoriali giovanili. Si intende perciò perseguire un programma di welfare urbanistico per ricreare un effetto città. È sufficiente che il progetto sia elaborato a livello di studio di fattibilità, masterplan e progetto preliminare corredato da un documento di analisi che evidenzi le condizioni di partenza dell’area e i risultati attesi mediante la misurazione di appositi indicatori.

Una particolare attenzione è rivolta alla presenza di aree industriali dismesse, spazi pubblici degradati ed edifici pubblici o privati destinati a uso pubblico che hanno perso la loro originaria funzione, con estensione significativa e collocazione strategica rispetto al contesto urbano e all’assetto infrastrutturale; devono inoltre essere create le premesse per riattivare il tessuto produttivo con particolare riferimento alle piccole imprese, alle attività artigianali, alle attività professionali e alle start-up. Viene specificato che: il coinvolgimento dei soggetti privati deve avvenire attraverso procedure di evidenza pubblica; gli interventi proposti devono essere coerenti con tutti gli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti o adottati, nonché compatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale come accertato dagli uffici preposti al rispetto dei vincoli; non possono essere erogate quote di finanziamento prima dell’avvio dell’esecuzione degli interventi.

La valutazione dei progetti è affidata a un Comitato interministeriale presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri e integrato da un rappresentante della conferenza delle regioni, dell’associazione nazionale dei comuni italiani e del demanio, che attribuisce i relativi punteggi riguardanti principalmente la sostenibilità economica e la presenza di obiettivi chiari e raggiungibili, con il migliore rapporto tra obiettivi, azioni e costi di realizzazione. I progetti ritenuti ammissibili al finanziamento sono oggetto della stipula di convenzione o accordo di programma tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e i soggetti promotori dei progetti, con l’indicazione dei tempi di attivazione e della revoca del finanziamento in caso di inerzia nella realizzazione.

Siamo dunque di fronte all’ennesimo tentativo di intervenire sul degrado delle periferie, che ha generato nel corso degli anni programmi speciali e piani città con esiti non certo positivi in termini di tempi di attuazione e di risultati ottenuti. Con il nuovo piano si punta al recupero del degrado sociale e culturale, potendo, però, contare su una dotazione finanziaria non certo in grado di produrre effetti sostanziali, ma di incrementare alcuni servizi di sostegno, specialmente se saranno accolte le proposte di una miriade di comuni. La domanda, però, è: si può avere un miglioramento sociale e culturale in un contesto urbano che rimane obsoleto? La scommessa è, dunque, quella di riuscire a coinvolgere altri investimenti pubblici e privati per accoppiare un nuovo modello sociale alla riqualificazione edilizia e urbanistica.

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