
Vincenzo Di Nardo, Vicepresidente Ance per i Progetti strategici innovativi nell’ambito del partenariato pubblico-privato.
La riforma degli appalti pubblici ha da poco tagliato il traguardo. Il nostro settore e l’intera economia del Paese hanno davanti a sé una grande occasione per crescere e compiere un salto di qualità, in termini di efficienza, modernità e trasparenza. Ma forse si poteva fare di più. Mi riferisco, in particolare, alla materia dei contratti di concessione e della finanza di progetto, che da anni seguo da vicino.
Abbiamo sicuramente apprezzato l’approccio unitario e organico del nuovo Codice, indispensabile per armonizzare e semplificare la disciplina vigente, ridando slancio, così, a uno strumento dalle grandi potenzialità, ma che, troppo spesso, è rimasto incagliato. Nel testo finale della legge ci sono, tuttavia, diversi aspetti che rischiano di renderne più complesso l’utilizzo.
Parlo, innanzitutto, della questione del rischio. Per quanto riguarda i contratti di concessione, le nuove norme chiariscono che l’elemento distintivo è rappresentato dal trasferimento al concessionario del rischio operativo, ossia il rischio di esposizione alle fluttuazioni del mercato, che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati o i costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi.
Sembra, quindi, che il legislatore identifichi il modello concessorio esclusivamente per le operazioni di project financing cosiddette «calde», ovvero per quelle iniziative in cui la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario deriva dalla vendita dei servizi resi al mercato. Al contrario, per le opere «fredde», cioè quelle in cui la remunerazione dell’investimento deriva dal canone pagato dall’amministrazione, il Codice sembra prediligere l’istituto del partenariato pubblico privato. Questa ripartizione così netta è secondo noi eccessivamente artificiosa e, oltretutto, lontana dalle esperienze concrete osservate fino a oggi.
Un ulteriore aspetto critico è dato dalla riduzione dell’importo massimo dei contributi pubblici, comprensivi delle garanzie dello Stato, che dal 50 passa al 30% del costo dell’investimento, oltre il quale non sarebbe ammesso il ricorso al project financing. Una modifica arrivata in corsa che rischia di limitare fortemente l’utilizzo dello strumento.
Non centrano totalmente gli obiettivi neanche le disposizioni in tema di bancabilità. Se da una parte, infatti, è positiva la scelta del legislatore di riproporre per le concessioni le novità più recenti a favore del raggiungimento del closing finanziario, come la risoluzione del contratto nel caso in cui il finanziamento non sia perfezionato entro ventiquattro mesi dalla sottoscrizione stessa, dall’altra rischia di creare incertezza la possibilità di procedere al riequilibrio del piano economico finanziario in caso di fatti non riconducibili al concessionario. Bisognerebbe, invece, che la revisione del piano economico finanziario fosse garantita per tutti gli eventi non riconducibili al concessionario e stabiliti nella convenzione, come i casi di sopravvenute disposizioni legislative, cosiddetto «change in law», o gli eventi di forza maggiore.
Considerazioni analoghe possono essere fatte sul fronte del partenariato pubblico privato, nel quale, secondo il nuovo Codice, rientrano solo le opere cosiddette «fredde». Come previsto per le concessioni, la garanzia pubblica o ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione non possono essere superiori al 30% del costo dell’investimento complessivo. Positiva, invece, la semplificazione procedurale prevista: gara unica per lavori inclusi nella programmazione e procedura su iniziativa del promotore per lavori non inclusi nella programmazione, con diritto di prelazione, come sollecitato dall’Ance.
Resta la necessità di garantire certezze, non solo nella fase di aggiudicazione degli interventi, ma soprattutto in quella di gestione delle opere. Per questo l’Ance si è mossa da tempo per elaborare uno strumento che faciliti la sottoscrizione dei contratti e contribuisca a regolare correttamente i rapporti tra le parti.
Attraverso un gruppo di lavoro, che ha visto partecipare tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni di partenariato pubblico privato e i principali esperti della materia, abbiamo elaborato le Linee guida per la predisposizione delle convenzioni di concessione e gestione, offrendo, recentemente, il nostro contributo al Mef nell’ambito di una consultazione pubblica sullo schema di convenzione standard sul ppp.
Tutto questo con la convinzione che solo attraverso un gioco di squadra tra tutti gli attori impegnati nelle operazioni di partenariato sarà possibile superare le difficoltà e far ripartire uno strumento che può dare una spinta decisiva alla ripresa del mercato delle opere pubbliche e dell’economia.
Vincenzo Di Nardo
Vicepresidente Ance per i Progetti strategici innovativi partenariato pubblico-privato