Infrastrutture | Energia

Il mercato si sposta a Est

Oltre il 60% della ricchezza prodotta dal settore, infatti, sarà realizzata nei Paesi asiatici, mentre in Europa, a fronte di una generale stagnazione, solo la Turchia crescerà a ritmi alti.

India, Bombay

Entro il 2030 il 25% degli investimenti in infrastrutture (strade, trasporti, edilizia, rete elettrica) saranno concentrati unicamente in quattro Paesi: Brasile, India, Indonesia e Turchia. La Cina resterà comunque il più grande mercato al mondo per chi opera nelle infrastrutture, ma vedrà la propria quota di investimenti scendere di dieci punti, dall’attuale 40% al 30%. Subiranno una diminuzione anche gli investimenti nelle infrastrutture degli Stati Uniti, che attualmente rappresentano il 15% del mercato globale delle costruzioni.

Entro il 2030, si prevede che il dato scenderà al 12%. Sono queste, in estrema sintesi, alcune delle indicazioni contenute nel Global Trends 2030: Alternative Worlds del Nic, il National intelligence council, l’organismo che coordina l’attività dell’intelligence americana, redatto ogni quattro anni in occasione della elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti. Entro il 2030 gli investimenti in infrastrutture avranno movimentato complessivamente 30-40mila miliardi di dollari, di cui oltre il 60% verrà realizzato nei Paesi dell’est del mondo. In questo scenario futuro gli investimenti possibili nel settore delle costruzioni varieranno notevolmente in tutti gli ambiti di attività. Si prevede, infatti, che le infrastrutture nei settori dell’energia elettrica e dei trasporti assorbiranno il 65% degli investimenti complessivi, mentre la distribuzione delle risorse idriche e il trattamento delle acque reflue continueranno a essere poco remunerativi, con uno scarso rendimento economico, pari al 9% del totale degli investimenti.

La capacità delle amministrazioni di progettare e di intercettare risorse finanziarie adeguate, inoltre, saranno i due fattori che avranno più influenza sulla realizzazione delle opere. I piccoli mercati emergenti, infatti, retrocederanno negli investimenti complessivi, poiché non hanno un’adeguata expertise pubblica, sotto il profilo progettuale e nel fund raising. Si prevede che Paesi come il Guatemala, Thailandia e Kenya continueranno quindi a restare indietro, perché non riusciranno a sviluppare sufficienti capacità del settore pubblico per sostenere un solido canale di progetti. Il 2030 segnerà poi il definitivo sorpasso degli Stati Uniti a opera della Cina; l’India crescerà più dell’Unione europea e l’insieme dei Paesi emergenti avrà un Pil molto superiore a quello dei Paesi dell’Ocse. Due sono i fattori negativi che incideranno di più sul rallentamento della infrastrutturazione dei Paesi occidentali: il peso della burocrazia (soprattutto per i Paesi dell’Europa del Sud tra cui l’Italia) e l’invecchiamento della popolazione, con l’Europa che nel 2030 sarà l’area del pianeta più anziana. Proprio i Paesi con un alto tasso di invecchiamento si troveranno ad affrontare una dura battaglia per mantenere i loro standard di vita.

Un altro fattore, che già adesso sta premiando la crescita delle economie emergenti, sarà decisivo nel prossimo ventennio: la costante quanto veloce urbanizzazione. Nei mercati emergenti, infatti, ci sono ben 717 città che hanno più di 500mila abitanti. La maggior parte di queste città cresce a ritmi più rapidi rispetto alle dinamiche nazionali, con un aumento medio dei consumi dell’11% all’anno. Il prossimo miliardo di consumatori, appena uscito dalla soglia di povertà, verrà da queste città. Il 30% del totale dei consumi mondiali nel 2015 sarà sostenuto da queste nuove metropoli. In decisa controtendenza rispetto al mondo occidentale dove i consumi ristagnano, quando non diminuiscono.
Proprio a causa della rapida urbanizzazione nei Paesi in via di sviluppo, il volume delle infrastrutture destinato agli alloggi, uffici e trasporti nei prossimi 40 anni potrebbe eguagliare l’intero volume dello stesso tipo di infrastrutture realizzate fino a oggi nella storia del mondo. Per le imprese occidentali in grado di raccogliere questa sfida si aprono delle nuove opportunità, dettate non solo dalle metropoli ormai divenute realtà, ma dalla crescita impetuosa delle nuove città. Lo sviluppo delle mega città come Pechino, Mumbai, Shanghai e le altre da 10 milioni di abitanti e più come Instanbul, sembra essere una storia di ieri. Il paradigma-chiave, secondo i ricercatori, è la comprensione di questo fenomeno legato alla trasformazioni delle città in metropoli. Un terzo della popolazione mondiale, infatti, vive in città situate nei mercati emergenti. Nel 2030 il numero di questi consumatori urbani crescerà ancora di 1,3 miliardi, con una quota del Pil che arriverà al 67% rispetto al totale nazionale. La domanda di consumo crescerà rapidamente, la middle class si espanderà e avrà un tenore di vita diverso già nel breve periodo.

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